Incontro online con "Edith Bruck"
Mercoledì 26 marzo in Aula magna il nostro Istituto ha avuto il privilegio di ospitare un incontro online con la scrittrice e poetessa italo-ungherese Edith Bruck, testimone della Shoá, deportata a 13 anni e sopravvissuta ai lager nazisti di Auschwitz, Dachau e Bergen-Belsen.
Il prezioso evento, al quale hanno partecipato le classi 3C, 4B, 4E e 5E insieme ad un gruppo di studenti dell' Istituto Copernico-Pasoli, è stato organizzato dalla prof.ssa Paola Coppi con la collaborazione della rete STEI, il sostegno della Direzione e il supporto informatico del prof. Matteo De Simone, che ha assicurato il successo del collegamento con le centinaia di scuole partecipanti online. Durante l' incontro si sono esibiti in diretta alcuni giovani musicisti, tra cui il nostro ex studente Riccardo Alafaci, diplomatosi in violino presso il Conservatorio di Verona.
Questa è una sintesi della lunga conversazione con la scrittrice, redatta dalla prof.ssa Wanna Bianchi, che ha accompagnato gli studenti dell' Istituto 'Copernico-Pasoli" insieme alla prof.ssa Daniela Galetta, Referente della rete STEI:
"Mercoledì 26 marzo l’Aula Magna dell’Istituto Marco Polo ha ospitato un incontro di straordinaria intensità con la scrittrice e testimone Edith Bruck, organizzato grazie alla Rete STEI e alla prof.ssa Paola Coppi, impeccabile nell’borchestrare ogni dettaglio dell’ evento.
L’ atmosfera è stata densa di emozione: letture profonde, un dialogo poetico e riflessivo e delicati intermezzi musicali di arpa e violino hanno accompagnato il racconto di una vita segnata dall’ orrore, ma anche dalla tenacia e da una luminosa umanità.
L’ Aula Magna era gremita e ben trenta classi si sono collegate a distanza, per non perdere l’ occasione di ascoltare la voce autentica di una sopravvissuta, che con parole semplici e potentissime ha saputo toccare corde profonde.
Edith Bruck ha insistito sull’importanza del racconto, della memoria, della verità: “Bisogna parlare, non tacere mai. Si semina e qualcosa di buono nascerà” ha detto. E ancora: “La verità è un gioco a nascondino, anche tra i grandi. Per questo dobbiamo continuare a raccontare la vera storia, senza mai fermarci.”
Con struggente lucidità ha ricordato Primo Levi: “Manca all’Italia, manca al mondo. Soffriva per il negazionismo.”
Edith ha parlato del dolore, ma anche della possibilità del perdono e della libertà interiore: “Per i nazisti ho provato pena. Io non conosco l’ odio, non so cosa sia. Se potessi, abbraccerei il mondo. È questa la mia grande libertà.”
Ha invitato a cercare il bene negli altri e a coltivarlo: “Ognuno ha del bene dentro di sé e va alimentato.” Ha parlato di pace, di umanità, di scelte concrete: “Non parliamo di armi, ma di pane, rispetto e uguaglianza. Se tutti avessero un pezzo di pane nelle mani, sarebbe più facile fare la pace.”
Ha confidato che scrivere le è servito per liberarsi dal veleno accumulato dentro, anche se all’ inizio nessuno voleva ascoltare.
Ha espresso dolore per quanto accade oggi in Medio Oriente: “Quanto durerà? Come arrivare alla pace? Bisogna insegnare l’ accoglienza, non la violenza.”
Con la delicatezza che la contraddistingue, ha confessato un sogno: “Amo i fiori di lillà, belli e profumati. Per tutta la vita ho sognato di aprire un negozio di pane e fiori: l’ indispensabile e la bellezza.”
E, infine, un desiderio inascoltato, che resta scolpito nel cuore: “Avrei voluto sentirmi chiedere se amo l’umanità.”
Ha concluso con parole che sono un monito e un dono: “Il trauma non si supera, ma si tiene dentro e si racconta con fatica, per dovere morale. Cerchiamo di liberare un po’ il mondo.”
Un incontro che resterà impresso nelle coscienze di chi ha avuto il privilegio di esserci.